Discussione:
interplay
(troppo vecchio per rispondere)
Alphonse
2004-05-24 12:53:08 UTC
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qualcuno mi spiega, tecnicamente, cos'è?
Cosmo Kramer
2004-05-24 13:10:06 UTC
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"Alphonse"
(cut)

il modulo difensivo di zaccheroni :-)

.......in poche parole sarebbe l'interazione tra i vari musicisti, sia a
livello ritmico che melodico.

ciao,


--
CK
"Devo passar oltre e lasciarti stesa nel fango,
per punirti della guerra che hai mosso ai Greci,
o ti rialzerò, per rispetto verso tutto quello che
vi era di nobile e di generoso nella tua anima?"
mn
2004-05-24 13:06:43 UTC
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Post by Alphonse
qualcuno mi spiega, tecnicamente, cos'è?
il "feeling", la comprensione reciproca che dovrebbe nascere all'interno di
un gruppo jazz per ottenere il livello ottimale di espressione dei musicisti
all'interno dello stesso.

Cioè, un gruppo dovrebbe essere così affiatato che ogni singolo musicista,
specialmente la sezione ritmica, conosce perfettamente e sa interpretare il
linguaggio del o dei solisti, così da poterlo/li supportare al meglio
nell'esecuzione.

Comunque l'interplay non esiste solo nel jazz ma anche nella musica
classica, dovre, al di là della parte scritta, esiste appunto l'interplay
tra il direttore e l'orchestra o tra il violino e il pianoforte, sempre per
fare un esempio.
Alessandro Antonucci
2004-05-24 14:59:02 UTC
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On Mon, 24 May 2004 12:53:08 GMT, "Alphonse"
Post by Alphonse
qualcuno mi spiega, tecnicamente, cos'è?
Hai gia' ricevuto delle risposte e probabilmente ne riceverai altre
che ti aiuteranno a capire cosa generalmente si vuole intendere
con questa parola. Tra l'altro credo che se ne fosse gia' parlato
e se cerchi sull'archivio del NG con Google forse puoi trovare
qualcosa a riguardo.

Io mi permetto solo di aggiungere che per comprendere
meglio di cosa si tratta potrebbe esserti di aiuto assistere
ad un concerto jazz (meglio se di un piccolo insieme)
e cercare di capire se e come i musicisti presenti 'comunicano',
oltre che ovviamente con il pubblico, anche fra di loro.

Ti accorgerai di come, talvolta, le direzioni via via prese
dal discorso musicale possano nascere da 'spunti' di un
musicista dell'insieme (e non sempre necessariamente il solista),
cosi' come a volte ci siano delle 'proposte' che invece (volutamente)
non vengono raccolte dagli altri musicisti oppure vengono
tenute in considerazione solo in un secondo momento etc etc.

Ovviamente sono tutte cose che si sentono anche nei dischi,
ma credo che durante un concerto dal vivo sia piu' semplice
prenderne consapevolezza.

Concludo dicendo che ti potra' tranquillamente capitare di imbatterti
in gruppi in cui il senso dell'interplay e' praticamente nullo ed
altri invece che sono talmente concentrati sul loro dialogo reciproco
al punto che perdono di vista il senso complessivo di cio' che
vogliono comunicare a chi li ascolta.

Un saluto.

Alessandro
facchi.jazz
2004-05-24 16:08:51 UTC
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Post by Alessandro Antonucci
Concludo dicendo che ti potra' tranquillamente capitare di imbatterti
in gruppi in cui il senso dell'interplay e' praticamente nullo ed
altri invece che sono talmente concentrati sul loro dialogo reciproco
al punto che perdono di vista il senso complessivo di cio' che
vogliono comunicare a chi li ascolta.
Acuta osservazione.
In effetti conosco musicisti che giudicano la bontà dei loro concerti sul
grado di intesa ed interplay raggiunto con gli altri musicisti. Inutile dire
che così facendo si possono sbagliare sulla valutazione estetica della
musica prodotta.

R.F.

--------------------------------
Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Alessandro Antonucci
2004-05-25 12:27:38 UTC
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Post by facchi.jazz
In effetti conosco musicisti che giudicano la bontà dei loro concerti sul
grado di intesa ed interplay raggiunto con gli altri musicisti. Inutile dire
che così facendo si possono sbagliare sulla valutazione estetica della
musica prodotta.
Credo che la cosa abbia molto a che fare con il tipo di
'gratificazione' (parola probabilmente impropria in questo
contesto, ma che spero renda l'idea di cio' che voglio dire)
che un musicista riceve nel momento stesso in cui suona.

Credo che non sempre vi sia una relazione fra tale
'auto-gratificazione' ed il valore intrinseco di cio' che
si sta suonando. Anzi spesso (almeno e' cosi' per la
mia modestissima esperienza) appena ci si rende
conto che si sta suonando 'bene' ed in generale
appena si comincia a pensare troppo a quello
che si sta facendo, e' proprio allora che le frasi
cominciano a perdere di significato.

Credo invece che ogniqualvolta si 'comunica' con
i musicisti con cui si sta suonando, si riceva una
forma di gratificazione e di piacere che puo' forse
prescindere dalla qualita' intrinseca della musica.
Ed e' forse per questo motivo che spesso ci sono musicisti
che confondono la bellezza di un loro disco o concerto
con il grado di interplay che hanno saputo produrre
assieme agli altri musicisti.

Un saluto.

Alessandro

P.S.
Ricordo che mi aveva molto colpito leggere un'intervista
di Jarrett in cui lo stesso lamentava l'assenza di 'divertimento'
legata alla dimensione dei suoi concerti in solo, rispetto a quanto
non accadesse ad esempio con il trio. Lo stesso puntualizzava
pero' fermamente come questo non avesse nessun nesso con
il valore intrinseco della sua musica.
Cosmo Kramer
2004-05-25 14:06:52 UTC
Permalink
"Alessandro Antonucci"
Post by facchi.jazz
In effetti conosco musicisti che giudicano la bontà dei loro concerti sul
(cut)

beh, ovviamente se bastasse solo l'interplay ad avvalorare un assolo....

ad esempio molti assoli di parker sono memorabili, eppure nn mi pare ci
fosse un interplay così esasperato,come lo si intende oggi.
poi mi si corregga se è una considerazione errata......


--
CK
"Devo passar oltre e lasciarti stesa nel fango,
per punirti della guerra che hai mosso ai Greci,
o ti rialzerò, per rispetto verso tutto quello che
vi era di nobile e di generoso nella tua anima?"
facchi.jazz
2004-05-25 18:54:31 UTC
Permalink
Post by Alessandro Antonucci
Credo che non sempre vi sia una relazione fra tale
'auto-gratificazione' ed il valore intrinseco di cio' che
si sta suonando. Anzi spesso (almeno e' cosi' per la
mia modestissima esperienza) appena ci si rende
conto che si sta suonando 'bene' ed in generale
appena si comincia a pensare troppo a quello
che si sta facendo, e' proprio allora che le frasi
cominciano a perdere di significato.
Verissimo e riscontrabile quel che dici.
Mi pare sia un problema di identificazione del musicista in ciò che suona
con probabile perdita di quella consapevolezza, ossia di quel distacco dal
"suonare", che aiuta la sua energia creativa a produrre Musica nel senso
pieno del termine. Non a caso oltre al saper suonare occorre al musicista
jazz, all'improvvisatore, grande maturità interiore e consapevolezza per
arrivare a certi risultati musicali.
Post by Alessandro Antonucci
Credo invece che ogniqualvolta si 'comunica' con
i musicisti con cui si sta suonando, si riceva una
forma di gratificazione e di piacere che puo' forse
prescindere dalla qualita' intrinseca della musica.
Togli il forse, infatti le due cose non sono necessariamente in relazione.
Post by Alessandro Antonucci
Ed e' forse per questo motivo che spesso ci sono musicisti
che confondono la bellezza di un loro disco o concerto
con il grado di interplay che hanno saputo produrre
assieme agli altri musicisti.
Mi capita non di rado di confrontarmi con loro alla fine dei concerti.
Spesso sono convinti di aver suonato bene quando ho da spettatore
impressioni opposte, o quasi. Poi, quando si riascoltano nei nastri non
infrequentemente rimangono delusi o insoddisfatti da ciò che ascoltano.
Succede anche all'ascoltatore al concerto una cosa del genere, anche lì
credo per un processo di identificazione.
Post by Alessandro Antonucci
P.S.
Ricordo che mi aveva molto colpito leggere un'intervista
di Jarrett in cui lo stesso lamentava l'assenza di 'divertimento'
legata alla dimensione dei suoi concerti in solo, rispetto a quanto
non accadesse ad esempio con il trio. Lo stesso puntualizzava
pero' fermamente come questo non avesse nessun nesso con
il valore intrinseco della sua musica.
Infatti vi è una componente di "sofferenza" nel processo creativo più che di
divertimento (non sempre però) nel produrre musica. Nel caso di Jarrett al
piano solo è sicuramente così, visto l'approccio totalizzante che utilizza e
comunque vista anche l'assenza d'interazione con altri musicisti
(interagisce tuttavia con il pubblico che per la sua filosofia va comunque
bene) che gli toglie in qualche modo la componente di "interazione sociale"
che nel jazz è sempre stato ed è fattore di notevole importanza, anche ai
fini della creazione musicale, sin dai tempi di New Orleans.

Comunque non è l'unico, spesso quella sofferenza si è registrata nelle
sedute e nei concerti di Miles Davis, solo ad esempio. Si pensi alla
movimentata session di Bitches Brew, a quella con Monk e Milt Jackson, o al
concerto capolavoro alla Philarmonic Hall del febbraio 1964, se non erro,
quello di "My funny valentine". I musicisti erano convinti di non aver
suonato bene, poi ebbero modo di ascoltare le registrazioni...

ciao

Facchi

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/

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