Post by svAnzi una certezza incontrovertibile.
Mah...
Post by svQuesto è un dato di fatto incontrovertibile. Potrà non piacere ma é così.
Mah... A me pare soltanto un opinione, peraltro mal supportata da fatti
concreti che non siano dei calcoli estrapolati da un imbuto ristrettissimo.
Post by svIl caso di Zorn mi sembra diversoe lo considero un'eccezione. Credo che Zorn
abbia soggiornato in Giappone e il suo è un successo planetario che si
rivolge a fasce di pubblico che con il jazz in genere hanno ben poco a che
fare. Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn che pesca in ambiti diversi: rock, pop e musica
contemporanea. In ogni caso è una moda che si inserisce nel revival, o
riscoperta, o rilancio delle musiche ebraiche in genere.
Non si dovrebbe neanche commentare, se non con una risatina. Si confonde un
fenomeno come il "klezmer revival" (che risale agli anni Sessanta e s'è
fermato intorno agli anni Ottanta) con un "rilancio delle musiche (?)
ebraiche in genere" (??????!!!!!!!), definizione un po' (tanto) generica e
che evidenzia una sconcertante mancanza di informazioni, uno iato culturale
sprezzante quanto preoccupante in chi s'atteggia a profeta del jazz già
venuto (ma che dovrà ancora venire a forza di cloni del Messia: Veschi deve
avere letto e riletto la vita di Z'vi Shabbatai). Pazienza. D'altronde, si
tratta di un produttore più preoccupato di promuovere i propri prodotti in
qualsiasi modo, anche a costo di falsare buona parte della storia del jazz,
prendendo il prossimo per fesso. Pazienza, c'è chi si diverte così,
spacciando i propri gusti per asserzioni di carattere para-psicologico
(direi paranormale), allo scopo, per l'appunto, di spacciare la propria
Vulgata per verità sacrosanta. Quanta più dignità e meno miseria culturale
nel dire, più semplicemente: "John Zorn non mi piace". Si tira fuori,
invece, l'improbabilità di una teoria artefatta, si ricorre a paralleli
spericolati (come se chi ama John Zorn non potesse, per chissà quale strano
limite mentale, amare Kenny Dorham o Booker Ervin: in realtà, il timore è
che cbi compra un cd in più di Zorn forse non comprerà anche un cd della Red
Records... Capisco questo capitalismo casalingo travestito da missione
umanitaria, ma che diamine, un po' di ritegno...), ci si esibisce in vere
arrampicate sugli specchi.
I bari possono essere entusiasmanti, possono esercitare una mirabile arte di
prestidigitazione, possono assurgere a vette teatrali appassionanti per
quanto vuote. Il fatto è che certi smerciatori di verità preconfezionate non
richiamano i fasti un po' pompieristici del Cirque du Soleil, ma lo spento
tavolino -all'angolo della strada, un capannello di allocchi e curiosi
irridenti- del gioco delle tre carte.
GMG
PS: Rock, pop e musica contemporanea sono filoni linguistici da cui il jazz
odierno trae ispirazione e viceversa, com'è sempre capitato. Per cui,
l'affermazione su Zorn sa di tautologia. Per il resto, Zorn è artista che
sicuramente è evaso dagli angusti confini del jazz ridotto a brutta copia
dello hard bop d'antan, e non è un caso che proprio a lui si debba uno fra i
più apprezzabili tributi a Sonny Clark. E' triste che si cerchi di ridurre
un artista di grande caratura a un fatto etnico (non fu un fake di Veschi a
sostenere che Zorn è un prodotto delle lobby ebraiche? Vorrei
sbagliarmi...), come se i fatti etnici non fossero fatti culturali (il che è
curioso da parte di uno strampalato individuo che in continuazione predica
la rivoluzione del jazz "latino": ma è chiaro che vi vede un riscatto da
parte di artisti che altrimenti sarebbero "latini" e basta), soprattutto in
un'epoca come la nostra. Artisti come Zorn (e molti altri di diversa
provenienza: ascoltavo poc'anzi "Divine Shadows" di Dhafer Youssef, un
lavoro di fascino impressionante) sono stati più ricettivi nei confronti di
ciò che la globalizzazione implicava nei suoi aspetti più positivi, la
possibilità, cioè, di revitalizzare una cultura occidentale stanca ed
esausta, centripeta persino in un linguaggio creativo come il jazz. Così
facendo sono certamente evasi dal jazz canonico , ma è al jazz che comunque
guardano come modello di rielaborazione linguistica a tutto tondo, pur
proponendo un qualcosa che si discosta dalla tradizione orale
africana-americana e i suoi derivati. Il "rilancio" delle musiche (?)
ebraiche ha poco o nulla a che fare con tutto ciò, essendo scontato, nella
tradizione culturale americana, che ogni artista si rivolga eminentemente,
come approvvigionamento, alla tradizione che gli è propria: pochi autori
sono stati "segnati" dall'esperienza ebraica come Benny Goodman, George
Gershwin, Stan Getz, ma non vedo come si potrebbe attribuire la loro fama a
un "rilancio" (???!!!!) delle musiche ebraiche... O si tratta pur sempre
della famigerata lobby ebraica che, pur presa dalla conquista del mondo, ha
tempo anche per incoraggiare la invereconda e visciun pollaio ricco solo di
recinti.da contaminazione del jazz e di altri attraverso la musica di Zorn,
di Uri Caine et similia? All'interno della cultura americana è forte la
componente degli "hyphenated Americans", degli americani col trattino, il
che vale per gli africani-americani come per molti altri gruppi etnici. E il
jazz s'è non poco avvalso di tale prerogativa, da Mezz Mezzrow e Joe Venuti
in poi... O debbo pensare che Vido Musso, Flip Phillips, Sam Butera, Joe
Lovano, Frank Tiberi, George Garzone sono emersi per il rilancio (?) delle
varie musiche italiane in genere?
Questo è ridurre il jazz a un pollaio, ricco solo di recinti.
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