Discussione:
Jazz e Giappone
(troppo vecchio per rispondere)
Alessandro Antonucci
2006-04-25 09:20:24 UTC
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Nelle note di copertina del (bellissimo) 'Standards'
di Sonny Clark, Ben Sidran riconosce nel pianista
uno dei jazzisti piu' amati dal pubblico giapponese.

Secondo Sidran, questo rapporto privilegiato con il
Giappone e' dovuto a caratteristiche specifiche dello
stile di Clark (eleganza e semplicita' nelle parole
di Sidran), che rendono la sua musica particolarmente
affine alla sensibilita' dei giapponesi.

In questi termini la cosa mi lascia un po' perplesso.

Ho sempre pensato che in Giappone ci fosse un'attenzione
speciale per il jazz di qualita', ma senza una specifica
predilezione per 'generi' o musicisti con caratteristiche
particolari.

La mia conoscenza del fenomeno e' tuttavia assai superficiale
e ridotta a qualche lettura ed alle diverse edizioni giapponesi
che mi passano fra le mani (ed alle molte altre che non mi passano
fra le mani per i prezzi proibitivi ...); sarei quindi interessato
a sapere, da chi ha una conoscenza piu' diretta del fenomeno, se
effettivamente percepisce alcune specificita' o tratti comuni fra
i musicisti che riscuotono maggior attenzione in Giappone.

Saluti.

Alessandro
Mario Livraghi
2006-04-25 12:43:34 UTC
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Uno dei musicisti più apprezzati dal pubblico giapponese è certamente Marco
Detto,
pianista divenuto famoso e oltretutto, suo malgrado, oggetto di
pubblicazione illecita di sue registrazioni nel paese del sol levante senza
l'autorizzazione sua e della casa discografica italiana con cui incide.
Post by Alessandro Antonucci
Nelle note di copertina del (bellissimo) 'Standards'
di Sonny Clark, Ben Sidran riconosce nel pianista
uno dei jazzisti piu' amati dal pubblico giapponese.
Secondo Sidran, questo rapporto privilegiato con il
Giappone e' dovuto a caratteristiche specifiche dello
stile di Clark (eleganza e semplicita' nelle parole
di Sidran), che rendono la sua musica particolarmente
affine alla sensibilita' dei giapponesi.
In questi termini la cosa mi lascia un po' perplesso.
Ho sempre pensato che in Giappone ci fosse un'attenzione
speciale per il jazz di qualita', ma senza una specifica
predilezione per 'generi' o musicisti con caratteristiche
particolari.
La mia conoscenza del fenomeno e' tuttavia assai superficiale
e ridotta a qualche lettura ed alle diverse edizioni giapponesi
che mi passano fra le mani (ed alle molte altre che non mi passano
fra le mani per i prezzi proibitivi ...); sarei quindi interessato
a sapere, da chi ha una conoscenza piu' diretta del fenomeno, se
effettivamente percepisce alcune specificita' o tratti comuni fra
i musicisti che riscuotono maggior attenzione in Giappone.
Saluti.
Alessandro
SV
2006-04-25 22:39:17 UTC
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Mi fa molto piacere che anche tu apprezzi qul CD di Sonny Clark che è anche
uno dei miei preferiti assieme a quello in quartetto con Grant Green di cui
mi sembra d'aver parlato più volte da tempo.

Per quello che ne so io, e credo di saperne qualcosa, in Giappone sono molto
apprezzati i musicisti che suonano in stile e che suonano standards e poco
originals.
Il pubblico giapponese apprezza la 2000 versione di Autumn Lives ad un
originals sgangherato perchè culturalmente è attrezzato a riconoscere ed
apprezzare le differenze di personalità, stile, approccio, fraseggio etc.
fra una versione e l'altra.
I giapponesi sembra che apprezzino molto la differenza in uno standards noto
che la presunta originalità di uno standards che solo l'autore conosce.
Da ultimo sembrano molto interessati alla ripresa non solo degli standards
Broadway oriented ma dei Jazz Standards, cioè i brani composti da jazzisti
che stanno via via diventando repertorio corrente.
Sono anche molto, molto apprezzati il classico trio piano, basso e batteria
ed è molto probabile che Detto sia molto più apprezzato in Giappone anzichè
in patria. Non è certamente il solo.

Il catalogo Blue Note ed altri cataloghi storici in Italia ma anche in larga
parte d'Europa sono stati indisponibili per lunghisismo tempo. Praticamente
per quasi 20/25 anni ed è forse anche dovuto a questo che molti artisti di
primario livello siano così poco conosciuti dalla gran parte del pubblico in
Italia ed Europa.
Ad esempio proprio i vari Woody Shaw, Joe Henderson, Larry Young, Bobby
Hutcherson, Grant Green, McLean, Hubbard, Morgan, Dorham etc... sono stati
poco conosciuti e apprezzati sia perchè la critica non né parlava, sia
perchè il lor materiale non circolava se non in amabiti tutto sommato molto
ristretti e, spesso, a prezzi anche decisamente alti.

Questo in Giappone non è mai successo. Quando neanche in America c'era
disponibilità di gran parte del catalogo Blue Note o di altri cataloghi
importanti ma forse non altrettanto storici in Giappone questo materiale
veniva stampato su licenza e qualche copia arrivava anche in Italia a prezzi
ovviamente molto alti.

Inoltre in Europa e in Italia in particolare si è, e si é continuato a
sopravvalutare il free sia per motivi ideologici che per motivi di vera
propria ignoranza delle basi storiche del jazz moderno nella sua ramificata
complessità, e tutte le derivazioni europeizzanti (leggi ECM e similari fino
ai pianisti cabarettisti) che ne sono derivate. Questo in Giappone è
avvenuto pochissimo e il modo migliore per non vendere in Giappone è proprio
quello di fare free e originals.

Questo è quello che mi viene da dire a commento del tuo post.

Per quello che riguarda Sonny Clark il disco Standards è uno die miei
prefiriti in assoluto.
Sonny suona "facile" "easy" all'ascolto ma nessuno mi sembra sia riuscito ad
imitare le peculiarità di uno stile che è debitore di Bud Powell ma che ha
una sua inossidabile, solare e serena personalità.

Alcuni pianisti ci si avvicinano ma solo lui possiede quel senso del drive,
del colore, dello swing, del timing che è antico e moderno e sempre molto
bluesy ma anche così peculiare e riconoscibile.

Mi piacerebbe sentire Antonio in proposito che da pianista può ovviamente
dire molto più di me.

Fra lo Standards di Sonny Clark, unico e solo, e i molti troppi standards di
Jarrett personalmente non ho dubbi. Scelgo Sonny. e qualcuno mi dimostri che
il jazz lo suona meglio Jarrett di Clark........almeno quello che piace a me
(ma non solo).

sv


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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
facchi
2006-04-26 07:51:00 UTC
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Post by SV
Fra lo Standards di Sonny Clark, unico e solo, e i molti troppi standards di
Jarrett personalmente non ho dubbi. Scelgo Sonny. e qualcuno mi dimostri che
il jazz lo suona meglio Jarrett di Clark........almeno quello che piace a me
(ma non solo).
sv
Le tautologie non si dimostrano e questa che hai scritto è per quel che mi
riguarda una delle tante tue tautologie su Jarrett.

Per il resto condivido quasi integralmente il tuo post.
saluti
f.

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
gendis
2006-04-27 19:42:53 UTC
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Post by facchi
Post by SV
Fra lo Standards di Sonny Clark, unico e solo, e i molti troppi standards
di
Post by SV
Jarrett personalmente non ho dubbi. Scelgo Sonny. e qualcuno mi dimostri
che
Post by SV
il jazz lo suona meglio Jarrett di Clark........almeno quello che piace a
me
Post by SV
(ma non solo).
sv
Le tautologie non si dimostrano e questa che hai scritto è per quel che mi
riguarda una delle tante tue tautologie su Jarrett.
Il jazz, nella sua più profonda natura, è musica "negra" e Jarrett si
sente lontano un miglio che è "bianco".
Ebbene si: nella muscia sono razzista al contrario!
Post by facchi
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
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facchi.jazz
2006-04-28 08:51:04 UTC
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Post by gendis
Il jazz, nella sua più profonda natura, è musica "negra" e Jarrett si
sente lontano un miglio che è "bianco".
Ebbene si: nella muscia sono razzista al contrario!
Bah...innanzitutto eviterei di scrivere quel termine che come minimo è out e
col razzismo ha avuto molto, troppo a che fare. Userei "afroamericana" o
"africana americana" come dice Gualberto. E' meglio, anche se nel contributo
musicale afroamericano, anche in ambito esclusivamente jazzistico, non ci si
deve ricordare solo di Bud Powell e dei suoi discepoli, ma anche di un Teddy
Wilson, di un Nat Cole, di un Jamal che han fatto da riferimento a molti
pianisti bianchi, Evans e Jarrett compresi, o in altro ambito di un Ray
Charles, del R&B e del Soul. Non vedrei quindi il jazz a compartimenti
stagni, come si tende ancora a fare qui da noi, ma cercherei di collocarlo
meglio nella realtà, storica, culturale e sociale in cui è nato e cresciuto.

Poi il tema che proponi, anche se ha una sua profonda verità, mi pare sia
una delle tante grossolane semplificazioni e luoghi comuni che, più passano
gli anni, più mostrano i loro limiti. Credo che raramente una musica abbia
subito una così grande varietà di contributi "etnici" come il jazz, pur
rimanendo assolutamente e indiscutibilmente centrale ed indispensabile il
contributo afroamericano. C'è chi te lo può spegare meglio di me qui sopra.
Riguardo al pianoforte e alla storia del trio di pianoforte credo che non si
possa disconoscere, specie nella contemporaneità, un ruolo e un contributo
fondamentale dei musicisti bianchi: da Lennie Tristano e Bill Evans, per
passare a Paul Bley, Chick Corea, Jarrett, sino alle figure contemporanee,
non credo che ci si possa dimenticare di loro.

Il discorso che fa Veschi è il solito, legato ai gusti di ciascuno, sui
quali non eccepisco, ma la replica di dipa mi sembra appropriata: non ha
molto senso un confronto diretto tra Clark e Jarrett per molteplici ragioni,
storiche, estetiche, di approccio al materiale tematico, di referenti
ecc.ecc.
Tra l'altro faccio notare che anche nel merito, il materiale cui Clark fa
riferimento è totalmente differente da quello utilizzato da Jarrett, che non
ha mai suonato quei brani, con l'eccezione di "All of you" di cui ha dato
versioni di levello notevole. Mi pare che leggendo i titoli dei brani scelti
uno può capire perfettamente qual'è il bacino di riferimento di Clark e
quello di Jarrett e rendersi conto che ogni genere di confronto non ha alcun
senso, se non, ripeto, legato ai gusti ( o alle antipatie?) di ognuno.
saluti
f.

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
redrecords
2006-04-28 13:14:14 UTC
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Post by facchi.jazz
Post by gendis
Il jazz, nella sua più profonda natura, è musica "negra" e Jarrett si
sente lontano un miglio che è "bianco".
Ebbene si: nella muscia sono razzista al contrario!
Bah...innanzitutto eviterei di scrivere quel termine che come minimo è out e
col razzismo ha avuto molto, troppo a che fare. Userei "afroamericana" o
"africana americana" come dice Gualberto. E' meglio, anche se nel contributo
musicale afroamericano, anche in ambito esclusivamente jazzistico, non ci si
deve ricordare solo di Bud Powell e dei suoi discepoli, ma anche di un Teddy
Wilson, di un Nat Cole, di un Jamal che han fatto da riferimento a molti
pianisti bianchi, Evans e Jarrett compresi, o in altro ambito di un Ray
Charles, del R&B e del Soul. Non vedrei quindi il jazz a compartimenti
stagni, come si tende ancora a fare qui da noi, ma cercherei di collocarlo
meglio nella realtà, storica, culturale e sociale in cui è nato e cresciuto.
Poi il tema che proponi, anche se ha una sua profonda verità, mi pare sia
una delle tante grossolane semplificazioni e luoghi comuni che, più passano
gli anni, più mostrano i loro limiti. Credo che raramente una musica abbia
subito una così grande varietà di contributi "etnici" come il jazz, pur
rimanendo assolutamente e indiscutibilmente centrale ed indispensabile il
contributo afroamericano. C'è chi te lo può spegare meglio di me qui sopra.
Riguardo al pianoforte e alla storia del trio di pianoforte credo che non si
possa disconoscere, specie nella contemporaneità, un ruolo e un contributo
fondamentale dei musicisti bianchi: da Lennie Tristano e Bill Evans, per
passare a Paul Bley, Chick Corea, Jarrett, sino alle figure contemporanee,
non credo che ci si possa dimenticare di loro.
Il discorso che fa Veschi è il solito, legato ai gusti di ciascuno, sui
quali non eccepisco, ma la replica di dipa mi sembra appropriata: non ha
molto senso un confronto diretto tra Clark e Jarrett per molteplici ragioni,
storiche, estetiche, di approccio al materiale tematico, di referenti
ecc.ecc.
Tra l'altro faccio notare che anche nel merito, il materiale cui Clark fa
riferimento è totalmente differente da quello utilizzato da Jarrett, che non
ha mai suonato quei brani, con l'eccezione di "All of you" di cui ha dato
versioni di levello notevole. Mi pare che leggendo i titoli dei brani scelti
uno può capire perfettamente qual'è il bacino di riferimento di Clark e
quello di Jarrett e rendersi conto che ogni genere di confronto non ha alcun
senso, se non, ripeto, legato ai gusti ( o alle antipatie?) di ognuno.
saluti
f.
Gli afroamericani hanno la pelle scura e non ci vedo niente di male a
chiamarli neri (negri disturba perchè è legato al termine nigger che i
bianchi usavano in senso spregiativo e razzista). Comunque va benissimo
anche il termine aframericano.

Certamente il piano jazz bop e prebop ha avuto apporti da diverse etnie ivi
inclusi quelli citati da Facchi. Sta di fatto che ad essere discrimanati o
meglio poco considerati dal pubblico e dalla critica sono proprio quei
musicisti che indipendentemente dalla razza, nazionalità e cultura si
esprimono in un ottica tipicamente nera.

I vari Mike Le Donne, David Hazeltine, Geoffrey Keezer, Edward Simon, Bennie
Green etc. sono tutti bianchi ma si esprimono ed hanno del jazz una
concezione "nera".
Questo non vale solo per i pianisti ma anche per altri musicisti: Dick Oatts
e Jim Snidero ad esempio ma anche Jerry Bergonzi, Grossman, Berg, etc..che
si sono collocati sempre o quasi all'interno di un'ottica decisamente nera.

Molti musicisti neri:Bobby Watson, John Hikx, Steve Nelson, Robin Eubanks,
Gerge Cables, George Coleman, etc. sono della artita perchè in quanto neri
che si collocano dentro una concezione nera sono largamente snobbati sia
dalla critica che dal pubblico .
Insomma l'esetica nera non va di moda !!!
Steve Nelson per essere preso sul serio ha dovuto suonare con Dave Holland.
Quando suonava con Kenny Barron o Bobby Watson non se lo filava nessuno
anche se
ha vinto per quattro anni di seguito il referendum della critica di Down
Beat come miglior nuovo vibrafonista esattamente come Bobby Watson che li
vinse non solo come miglior alto ma anche come gruppo, arrangiatore e
compositore (questi ultimi due per uno o due anni se ricordo bene).

Sonny Clark e Keith Jarrett sono imparagonabili ???
Non ne sarei molto sicuro. Gli standards sono standards e bisognerebbe acnhe
sentire il doppi CD con Grant Green.
Sonny Clark in quel disco ha una sua autonoma concezione che si differenzia
da quelle di tutti gli altri Evans, Jarrett, Hancock e quelli a seguire. Ma
forse si esprimeva e basta ad un livello molto alto, personale e
riconoscibile.

SV


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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Alessandro Antonucci
2006-04-28 11:53:48 UTC
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Post by gendis
Il jazz, nella sua più profonda natura, è musica "negra" e Jarrett si
sente lontano un miglio che è "bianco".
Ebbene si: nella muscia sono razzista al contrario!
Capisco la tentazione di usare delle categorie che permettano
in qualche modo di domare la complessita' del 'fenomeno jazz'.

Temo pero' che, alla lunga, questa scelta di portera' a tali
e tante contraddizioni da farti comprendere quanto inadeguato
sia lo schema cui fai riferimento.

Ascoltati, tanto per fare degli esempi a caso, lo swing del
''bianchissimo'' Bill Evans in ''Everybody digs'', oppure
i raffinatissimi accompagnamenti del 'nero' Teddy Wilson,
e ti renderai forse conto di come certe presunte differenze
abbiano davvero poca ragion d'essere.

Riguardo poi a Jarrett, quando vuole, il nostro sa swingare in
maniera semplicemente mostruosa (ascoltati ad esempio il live
'At the Deer Head Inn') e, per quello che puo' significare,
(ed io credo che qualcosa significhi) il suo esordio discografico
e' stato come pianista dei Jazz Messengers, ruolo in precedenza
ricoperto da gente come Silver, Timmons e Walton.

Un'ultima nota di ''costume'': per buona parte degli anni '70
Jarrett ha sfoggiato una pettinatura afro degna di Doctor J
che pare inducesse molte persone a credere che Jarrett
fosse afroamericano.

Saluti.

Alessandro
dipa
2006-04-28 01:39:28 UTC
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Post by SV
Fra lo Standards di Sonny Clark, unico e solo, e i molti troppi standards di
Jarrett personalmente non ho dubbi. Scelgo Sonny. e qualcuno mi dimostri che
il jazz lo suona meglio Jarrett di Clark........almeno quello che piace a me
(ma non solo).
Sonny Clark e' un maestro, e CHE maestro. Period. Su questo non ci sono
assolutamente dubbi. Il problema e' che ti ostini a confrontare realta',
mentalita', obiettivi e pratiche lontane anni luce le une dalle altre.
Senza fare polemica (che mi ha ampiamente spaccato il cazzo.. siamo
cosi' pochi ad ascoltare jazz, la cosa piu' stupida e' battibeccare fra
di noi)... hai mai ascoltato il Sonny Clark Memorial del quartetto di
John Zorn (che bistratti tanto..)? Che ne pensi? (mi permetto ovviamente
di dare del tu)

Saluti.
--
dipa
sv
2006-04-28 08:24:40 UTC
Permalink
Post by dipa
Post by SV
Fra lo Standards di Sonny Clark, unico e solo, e i molti troppi standards di
Jarrett personalmente non ho dubbi. Scelgo Sonny. e qualcuno mi dimostri che
il jazz lo suona meglio Jarrett di Clark........almeno quello che piace a me
(ma non solo).
Sonny Clark e' un maestro, e CHE maestro. Period. Su questo non ci sono
assolutamente dubbi. Il problema e' che ti ostini a confrontare realta',
mentalita', obiettivi e pratiche lontane anni luce le une dalle altre.
Senza fare polemica (che mi ha ampiamente spaccato il cazzo.. siamo
cosi' pochi ad ascoltare jazz, la cosa piu' stupida e' battibeccare fra
di noi)... hai mai ascoltato il Sonny Clark Memorial del quartetto di
John Zorn (che bistratti tanto..)? Che ne pensi? (mi permetto ovviamente
di dare del tu)
Sentito e dimenticato.La parte migliore di quel CD sono i temi di Sonny.
Il resto non esiste a differenza di Sonny che la comunità internazionale di
jazzisti hardcore reputa un maestro.
E' vero che la mentalità, pratica e abbiettivi di Zorn e compagni é diversa
e lontana ma la stessa mi è del tutto indiffirente anche perchè non porta da
nessuna parte ed è è fine a se stessa.
A sentire Zorn non ci guadagno nulla se non sento Clark perdo qualcosa di
sostanziale.
Certo che in un epoca come questa dove tutto sembra essere intercambiabile
ed equivalente affermazioni di valore sembrano essere del tutto inutili.
Ma proprio non me la sento di mettere sullo stesso piano Clark e Zorn. E
faccio molta fatica a dare la stessa importanza a Clark e Jarrett che pure è
un grande pianista.
La musica di Clark la sento necessaria quella di Jarrett no è comunque
inficiata da un edonismo che mi disturba.

.....e poi vuoi mettere un pianista nero morto di overdose a poco più di
trentanni che si esibiva nei club fumosi e su pianoforti verticali ma che
suonava in quel modo e uno che si fa pagare 100.000 euro a concerto e se uno
tossisce s'incazza e va via ...

Per me non c'è partita sto con Clark.

Questo non è per far polemica ma per chiarire i rispettivi punti di vista
che sono ambedue legittimi.

SV



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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Alessandro Antonucci
2006-04-28 11:53:48 UTC
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Post by SV
Per quello che ne so io, e credo di saperne qualcosa, in Giappone sono molto
apprezzati i musicisti che suonano in stile e che suonano standards e poco
originals. [...]
Sonny suona "facile" "easy" all'ascolto ma nessuno mi sembra sia riuscito ad
imitare le peculiarità di uno stile che è debitore di Bud Powell ma che ha
una sua inossidabile, solare e serena personalità.
Ringrazio Veschi per le interessanti annotazioni sul jazz
in Giappone e sulla sua breve analisi dello stile di Clark
che condivido completamente.

Sarei altresi' interessato a conoscere i nomi di musicisti
il cui stile si puo' in qualche modo accostare a quello di
Clark.

Malgrado l'ovvio legame con Powell e quindi indirettamente
con tutti i musicisti che da questo sarebbero stati influenzati,
percepisco infatti il senso del tempo di Clark come qualcosa di
semplicemente unico (ed in un certo senso misterioso).

Dovendo pensare ad altri pianisti che, magari solo vagamente,
possono avere un modo di stare sul tempo simile, mi viene in
mente forse il solo nome di Andrew Hill.

Un saluto.

Alessandro
sv
2006-04-28 22:57:12 UTC
Permalink
Post by Alessandro Antonucci
Post by SV
Per quello che ne so io, e credo di saperne qualcosa, in Giappone sono molto
apprezzati i musicisti che suonano in stile e che suonano standards e poco
originals. [...]
Sonny suona "facile" "easy" all'ascolto ma nessuno mi sembra sia riuscito ad
imitare le peculiarità di uno stile che è debitore di Bud Powell ma che ha
una sua inossidabile, solare e serena personalità.
Ringrazio Veschi per le interessanti annotazioni sul jazz
in Giappone e sulla sua breve analisi dello stile di Clark
che condivido completamente.
Sarei altresi' interessato a conoscere i nomi di musicisti
il cui stile si puo' in qualche modo accostare a quello di
Clark.
Malgrado l'ovvio legame con Powell e quindi indirettamente
con tutti i musicisti che da questo sarebbero stati influenzati,
percepisco infatti il senso del tempo di Clark come qualcosa di
semplicemente unico (ed in un certo senso misterioso).
Dovendo pensare ad altri pianisti che, magari solo vagamente,
possono avere un modo di stare sul tempo simile, mi viene in
mente forse il solo nome di Andrew Hill.
Un saluto.
Alessandro
Onestamente non mi sono mai accorto di pssibili parentele di A. Hill con
Clark.
Se dovessi fare un nome direi che Wynton Kelly ha un approccio ritmico
linearmente implacabile nell'articolazione ritmica delle frasi con la destra
che è simile a quello di Sonny. Prendi questa opinione con grande beneficio
d'inventario.
Se non hai il doppio Grant Green Kenny Clark della Blue Note procuratelo
perchè è a mio parere un disco bellissimo fra due personalita empatetiche
sia ritmicamente che espressivamente. L'ideale completamenteo di Standards e
indispensabili sia nella discografia di Green che di Clark.
Per me sono due capolavori !!!!

Francamente non mi viene in mente nessuno che abbia uno stile paragonabile o
riconducibile a Sonny Clark fra i giovani e anche fra i meno giovani.
Lo sento però latente nello stile di molti giovani ed è sicuramente uno dei
filoni di sviluppo
fino ad oggi poco esplorato del piano jazz.
A volte Nico Mencii in Italia e forse anche Marcello Tonolo hanno qualcosa
che si potrebbe imparentare allo stile di Clark.

sv



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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Clivatxt
2006-05-01 12:32:34 UTC
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Post by SV
Mi fa molto piacere che anche tu apprezzi qul CD di Sonny Clark che è anche
uno dei miei preferiti assieme a quello in quartetto con Grant Green di cui
mi sembra d'aver parlato più volte da tempo.
Per quello che ne so io, e credo di saperne qualcosa, in Giappone sono molto
apprezzati i musicisti che suonano in stile e che suonano standards e poco
originals.
Il pubblico giapponese apprezza la 2000 versione di Autumn Lives ad un
originals sgangherato perchè culturalmente è attrezzato a riconoscere ed
apprezzare le differenze di personalità, stile, approccio, fraseggio etc.
fra una versione e l'altra.
I giapponesi sembra che apprezzino molto la differenza in uno standards noto
che la presunta originalità di uno standards che solo l'autore conosce.
Da ultimo sembrano molto interessati alla ripresa non solo degli standards
Broadway oriented ma dei Jazz Standards, cioè i brani composti da jazzisti
che stanno via via diventando repertorio corrente.
Sono anche molto, molto apprezzati il classico trio piano, basso e batteria
ed è molto probabile che Detto sia molto più apprezzato in Giappone anzichè
in patria. Non è certamente il solo.
Il catalogo Blue Note ed altri cataloghi storici in Italia ma anche in larga
parte d'Europa sono stati indisponibili per lunghisismo tempo. Praticamente
per quasi 20/25 anni ed è forse anche dovuto a questo che molti artisti di
primario livello siano così poco conosciuti dalla gran parte del pubblico in
Italia ed Europa.
Ad esempio proprio i vari Woody Shaw, Joe Henderson, Larry Young, Bobby
Hutcherson, Grant Green, McLean, Hubbard, Morgan, Dorham etc... sono stati
poco conosciuti e apprezzati sia perchè la critica non né parlava, sia
perchè il lor materiale non circolava se non in amabiti tutto sommato molto
ristretti e, spesso, a prezzi anche decisamente alti.
Questo in Giappone non è mai successo. Quando neanche in America c'era
disponibilità di gran parte del catalogo Blue Note o di altri cataloghi
importanti ma forse non altrettanto storici in Giappone questo materiale
veniva stampato su licenza e qualche copia arrivava anche in Italia a prezzi
ovviamente molto alti.
Inoltre in Europa e in Italia in particolare si è, e si é continuato a
sopravvalutare il free sia per motivi ideologici che per motivi di vera
propria ignoranza delle basi storiche del jazz moderno nella sua ramificata
complessità, e tutte le derivazioni europeizzanti (leggi ECM e similari fino
ai pianisti cabarettisti) che ne sono derivate. Questo in Giappone è
avvenuto pochissimo e il modo migliore per non vendere in Giappone è proprio
quello di fare free e originals.
questa è pesante, motiva grazie. kaoru abe and masayuki takayanagi ??
(per fare due esempi).
poi, che free intendi?
mi piacerebbe parlarne, semplicemente.
m-
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-01 21:39:33 UTC
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Post by SV
Inoltre in Europa e in Italia in particolare si è, e si é continuato a
sopravvalutare il free sia per motivi ideologici che per motivi di vera
propria ignoranza delle basi storiche del jazz moderno nella sua ramificata
complessità, e tutte le derivazioni europeizzanti (leggi ECM e similari fino
ai pianisti cabarettisti) che ne sono derivate. Questo in Giappone è
avvenuto pochissimo e il modo migliore per non vendere in Giappone è proprio
quello di fare free e originals.
Direi, invece, che la scena free in Giappone è stata estremamente viva,
godendo di un mercato che ha saputo espandersi anche in altri campi (basti
pensare all'influenza esercitata da John Zorn, la cui Tzadik è peraltro
finanziata in larga parte con fondi giapponesi), per non parlare
dell'influenza che la free improvisation ha esercitato sulla scena musicale
di ricerca a tutto tondo. Basti pensare agli effetti stimolati in precedenza
da un gruppo accademico quale Ongaku, ad artisti come Kaoru Abe, Masayuki
"Jojo" Takayanagi, Yosuke Yamashita, Masahiko Togashi, Masahiko Sato, Itaru
Oki, Tamaru, Otomo Yoshihide, Toshimaro Nakamura (splendido il suo lavoro
con Keith Rowe e con John Butcher), Akira Sakata, Shoji Hano, un veterano
come Toshinori Kondo, per non parlare di gruppi come Cosmos Factory, After
Dinner, Ground Zero, EEU, I. S. O., Filament e molti altri ancora. La scena
d'avanguardia in Giappone è fra le più radicali e artisti come Evan Parker o
Han Bennink godono di ampia popolarità. Certamente, nulla ha a che vedere
con pianisti cabarettisti, ma dire che free e originals (mai letto termini
usati in modo così vago e improprio) sono pressoché inesistenti è del tutto
inesatto.

GMG

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
sv
2006-05-02 07:53:26 UTC
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Post by SV
Post by SV
Inoltre in Europa e in Italia in particolare si è, e si é continuato a
sopravvalutare il free sia per motivi ideologici che per motivi di vera
propria ignoranza delle basi storiche del jazz moderno nella sua
ramificata
Post by SV
complessità, e tutte le derivazioni europeizzanti (leggi ECM e
similari
Post by SV
fino
Post by SV
ai pianisti cabarettisti) che ne sono derivate. Questo in Giappone è
avvenuto pochissimo e il modo migliore per non vendere in Giappone è
proprio
Post by SV
quello di fare free e originals.
Direi, invece, che la scena free in Giappone è stata estremamente viva,
godendo di un mercato che ha saputo espandersi anche in altri campi (basti
pensare all'influenza esercitata da John Zorn, la cui Tzadik è peraltro
finanziata in larga parte con fondi giapponesi), per non parlare
dell'influenza che la free improvisation ha esercitato sulla scena musicale
di ricerca a tutto tondo. Basti pensare agli effetti stimolati in precedenza
da un gruppo accademico quale Ongaku, ad artisti come Kaoru Abe, Masayuki
"Jojo" Takayanagi, Yosuke Yamashita, Masahiko Togashi, Masahiko Sato, Itaru
Oki, Tamaru, Otomo Yoshihide, Toshimaro Nakamura (splendido il suo lavoro
con Keith Rowe e con John Butcher), Akira Sakata, Shoji Hano, un veterano
come Toshinori Kondo, per non parlare di gruppi come Cosmos Factory, After
Dinner, Ground Zero, EEU, I. S. O., Filament e molti altri ancora. La scena
d'avanguardia in Giappone è fra le più radicali e artisti come Evan Parker o
Han Bennink godono di ampia popolarità. Certamente, nulla ha a che vedere
con pianisti cabarettisti, ma dire che free e originals (mai letto termini
usati in modo così vago e improprio) sono pressoché inesistenti è del tutto
inesatto.
Esiste certamente un "free" giapponese sulla cui importanza e influenza non
ho alcun elemento per discutere. Non mi interessa molto il free in genere.
Figuriamoci quello giapponese.
Sta di fatto che commercialmente, e stando anche a quel che si vede e si
capisce dalle riviste gipponesi più diffuse che talora mi è capitato di
spulciare tipo Swing Journal, questo non appare evidente.
Probabilmente esiste anche in Giappone una stampa specializzata che si
occupa prevalentemente di questo.
I riscontri di tipo commerciale sono di uno a 10. Un Cd di standards se ben
suonato vende 10. Uno di free o un cd di originals, a meno che non sia di un
musicista affermato e conosciuto worldwide, vende uno e forse anche meno.
Di questo ne sono assolutamente certo per i numerosi riscontri che la Red e
altre etichette
hanno avuto nel tempo con il mercato giapponese attraverso il nostro comune
distributore locale (che è molto efficiente).

sv

sv



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Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-02 11:57:58 UTC
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I riscontri di tipo commerciale sono di uno a 10. Un Cd di standards se ben
suonato vende 10. Uno di free o un cd di originals, a meno che non sia di un
musicista affermato e conosciuto worldwide, vende uno e forse anche meno.
Di questo ne sono assolutamente certo per i numerosi riscontri che la Red e
altre etichette
hanno avuto nel tempo con il mercato giapponese attraverso il nostro comune
distributore locale (che è molto efficiente).
sv
I parametri per il raffronto mi paiono assolutamente impropri e poco
significativi, peraltro su di un campione estremamente limitato. Oltretutto,
la Super Stop mi pare più ecumenica come distributrice, visto che annovera
in catalogo etichette assai diverse come Auand, Tutu, TCB, Splasch, YVP,
Delta Groove, People's Records, Double Moon, comunque materiali, diciamolo,
piuttosto di nicchia, per quanto certamente apprezzabili.
Ciò detto, è ovvio che la musica autenticamente di ricerca, realizzata al di
fuori dei consueti canali distributivi, abbia un minor potenziale di
vendita, quantomeno per essere meno compiacente nei confronti dell'assodato
e dell'usuale. Il che vale anche in Giappone, mercato comunque estremamente
onnivoro (e vario), dove Claudio Villa o Placido Domingo, Julio Iglesias et
similia, per non parlare dell'opera lirica, hanno raggiunto cifre
iperboliche nelle vendite. Altro che standard o original...
Non direi che si tratti, o si sia trattato, di un mercato essenzialmente
conservatore e statico come è stato descritto. Non è comunque un paradiso,
al di là delle descrizioni più o meno entusiastiche, sebbene possa vantare
tradizioni più illustri rispetto a molti mercati occidentali.



GMG

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sv
2006-05-02 12:56:19 UTC
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I riscontri di tipo commerciale sono di uno a 10. Un Cd di standards se
ben
Post by sv
suonato vende 10. Uno di free o un cd di originals, a meno che non sia
di
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un
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musicista affermato e conosciuto worldwide, vende uno e forse anche meno.
Di questo ne sono assolutamente certo per i numerosi riscontri che la
Red
Post by sv
e
Post by sv
altre etichette
hanno avuto nel tempo con il mercato giapponese attraverso il nostro
comune
Post by sv
distributore locale (che è molto efficiente).
sv
I parametri per il raffronto mi paiono assolutamente impropri e poco
significativi, peraltro su di un campione estremamente limitato. Oltretutto,
la Super Stop mi pare più ecumenica come distributrice, visto che annovera
in catalogo etichette assai diverse come Auand, Tutu, TCB, Splasch, YVP,
Delta Groove, People's Records, Double Moon, comunque materiali, diciamolo,
piuttosto di nicchia, per quanto certamente apprezzabili.
Ciò detto, è ovvio che la musica autenticamente di ricerca, realizzata al di
fuori dei consueti canali distributivi, abbia un minor potenziale di
vendita, quantomeno per essere meno compiacente nei confronti
dell'assodato
Post by sv
e dell'usuale. Il che vale anche in Giappone, mercato comunque
estremamente
Post by sv
onnivoro (e vario), dove Claudio Villa o Placido Domingo, Julio Iglesias et
similia, per non parlare dell'opera lirica, hanno raggiunto cifre
iperboliche nelle vendite. Altro che standard o original...
Non direi che si tratti, o si sia trattato, di un mercato essenzialmente
conservatore e statico come è stato descritto. Non è comunque un paradiso,
al di là delle descrizioni più o meno entusiastiche, sebbene possa vantare
tradizioni più illustri rispetto a molti mercati occidentali.
Non ho la pretesa di essere esaustivo sul mercato del jazz giapponese né di
altrove ma di riferire dei fatti desunti dalla mia esperienza e di alcuni
altri che conosco abbastanza.
Super Stop distribuisce moltissime etichette italiane e non. E' la IRD
giaponese, tanto per fare un paragone, che opera su di un mercato molto più
florido dell'Europa, Italia inclusa, per il jazz e che forse non è secondo
neanche a quello degli USA oggi.
E' un dato di fatto desunto dalla realtà della Red e di altre etichette.

Sono stato anche incaricato di produrre per l'etichetta di proprietà della
Super Stop la Sound Hills 2 CD, uno del quintetto di Bosso con Mike Melillo
e l'altro di Bosso & Boltro dedicato ai trombettisti che è anche un DVD
regolarmente distribuiti anche in Italia, e il commitment ha preteso che
nella tracking list ci fossero in pratica tutti standards e Jazz standards.
I budget a disposizione per la produzione sono impensabili per qualsiasi
etichetta italiana ed europea. Red Records e Black Saint incluse. E poichè
il sig. Irakasu Sasabe mi sembra persona molto attenta al mercato e agli
affari, molto più di me in ogni caso, credo che abbia fatto molto bene i
suoi conti.
Solo per l'ammortamento dei costi di produzione nè devono aver vendute
alcune migliaia di copie. E mi risulta che i due CD stiano andando benissimo
commercialmente.

E' possibile desumere da queste esperiense una regola di crattere generale ?
Credo di no. Ma delle indicazioni di tendenza certamente si !!!

Il free e/ o la musica di ricerca e sperimentale esiste ovunque, anche in
Australia. Ma se il jazz è in se stesso una nicchia le altre lo sono
certamente molto, molto, molto di più.
Inoltre i criteri di distribuzione sono diversi. I buyers dei negozi
ascoltano il materiale e sulla base di quello che ascoltano fanno gli ordini
al distributore che a sua volta li fa al produttore. Questo in Europa e
altrove credo non succeda quasi mai.

Da quello che ordinano nel nostro catalogo ma anche di altri cataloghi di
cui sono a conoscenza la tendenza a privilegiare il jazz classico o
Mainstream Jazz è più che evidente.
Anzi una certezza incontrovertibile.

Questo è un dato di fatto incontrovertibile. Potrà non piacere ma é così.

Il caso di Zorn mi sembra diversoe lo considero un'eccezione. Credo che Zorn
abbia soggiornato in Giappone e il suo è un successo planetario che si
rivolge a fasce di pubblico che con il jazz in genere hanno ben poco a che
fare. Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn che pesca in ambiti diversi: rock, pop e musica
contemporanea. In ogni caso è una moda che si inserisce nel revival, o
riscoperta, o rilancio delle musiche ebraiche in genere.


sv






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dipa
2006-05-02 13:16:13 UTC
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Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
jazz fan "serio"... mi faccia capire:
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.

Grazie per le precisazioni.
--
dipa
sv
2006-05-02 15:39:53 UTC
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Post by dipa
Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Non sono ,molto interessato ai processi sia nei miei confronti che nei
confronti d'altri.
Conosco molti appassionati di jazz che lo ascoltano da decenni. Hanno
discografie molto fornite e visto numerosi concerti live in Italia e
all'estero. Fra costoro l'indice di gradimento di Zorn è in genere
abbastanza basso. Idem fra molti musicisti che di tanto in tanto mi capita
di frequentare bravi, molto bravi, geniali, così così etc.. di diverse
nazionalità, razze e culture e anche fra di essi l'indice di gradimento di
Zorn è in genere abbastanza basso.
In altri ambienti, che in genere non sono solito frequentare, Zorn è
considerato molto, troppo a mio parere.
Ognuno ha i suoi codici di riferimento e può essere che i miei non siano
condivisi da alcuni così come lo siano molto da altri.
Non ci vedo nessun problema.
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.

sv

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dipa
2006-05-02 16:01:57 UTC
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Post by dipa
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Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
[cut]
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.
nessun tono inquisitorio. Mi scuso se le ho arrecato fastidio. Sta di
fatto che non mi ha risposto alle 3 domande che le ho posto, credo,
gentilmente.
--
dipa
sv
2006-05-02 15:39:58 UTC
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Post by dipa
Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Non sono ,molto interessato ai processi sia nei miei confronti che nei
confronti d'altri.
Conosco molti appassionati di jazz che lo ascoltano da decenni. Hanno
discografie molto fornite e visto numerosi concerti live in Italia e
all'estero. Fra costoro l'indice di gradimento di Zorn è in genere
abbastanza basso. Idem fra molti musicisti che di tanto in tanto mi capita
di frequentare bravi, molto bravi, geniali, così così etc.. di diverse
nazionalità, razze e culture e anche fra di essi l'indice di gradimento di
Zorn è in genere abbastanza basso.
In altri ambienti, che in genere non sono solito frequentare, Zorn è
considerato molto, troppo a mio parere.
Ognuno ha i suoi codici di riferimento e può essere che i miei non siano
condivisi da alcuni così come lo siano molto da altri.
Non ci vedo nessun problema.
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.

sv

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sv
2006-05-02 15:40:06 UTC
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Post by dipa
Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Non sono ,molto interessato ai processi sia nei miei confronti che nei
confronti d'altri.
Conosco molti appassionati di jazz che lo ascoltano da decenni. Hanno
discografie molto fornite e visto numerosi concerti live in Italia e
all'estero. Fra costoro l'indice di gradimento di Zorn è in genere
abbastanza basso. Idem fra molti musicisti che di tanto in tanto mi capita
di frequentare bravi, molto bravi, geniali, così così etc.. di diverse
nazionalità, razze e culture e anche fra di essi l'indice di gradimento di
Zorn è in genere abbastanza basso.
In altri ambienti, che in genere non sono solito frequentare, Zorn è
considerato molto, troppo a mio parere.
Ognuno ha i suoi codici di riferimento e può essere che i miei non siano
condivisi da alcuni così come lo siano molto da altri.
Non ci vedo nessun problema.
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.

sv

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sv
2006-05-02 15:40:10 UTC
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Post by dipa
Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Non sono ,molto interessato ai processi sia nei miei confronti che nei
confronti d'altri.
Conosco molti appassionati di jazz che lo ascoltano da decenni. Hanno
discografie molto fornite e visto numerosi concerti live in Italia e
all'estero. Fra costoro l'indice di gradimento di Zorn è in genere
abbastanza basso. Idem fra molti musicisti che di tanto in tanto mi capita
di frequentare bravi, molto bravi, geniali, così così etc.. di diverse
nazionalità, razze e culture e anche fra di essi l'indice di gradimento di
Zorn è in genere abbastanza basso.
In altri ambienti, che in genere non sono solito frequentare, Zorn è
considerato molto, troppo a mio parere.
Ognuno ha i suoi codici di riferimento e può essere che i miei non siano
condivisi da alcuni così come lo siano molto da altri.
Non ci vedo nessun problema.
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.

sv

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-02 15:54:16 UTC
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Post by sv
Post by dipa
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Non sono ,molto interessato ai processi sia nei miei confronti che nei
confronti d'altri.
Inutile vittimismo di chi è uso a rovesciare frittate. Prima si scaglia il
sasso, poi si nasconde la mano: è un po' vile...
Post by sv
Conosco molti appassionati di jazz che lo ascoltano da decenni. Hanno
discografie molto fornite e visto numerosi concerti live in Italia e
all'estero. Fra costoro l'indice di gradimento di Zorn è in genere
abbastanza basso.
Chi frequenta solo il proprio gregge è destinato a dialogare solo con le
solite pecore...


Idem fra molti musicisti che di tanto in tanto mi capita
Post by sv
di frequentare bravi, molto bravi, geniali, così così etc.. di diverse
nazionalità, razze e culture e anche fra di essi l'indice di gradimento di
Zorn è in genere abbastanza basso.
Qualche nome, per favore (Ornette Coleman, a Milano, me ne ha parlato
benissimo, ad esempio, e di recente Ennio Morricone, che non è certo un
jazzista, ma a me piace pensare a "musicisti" non a dei ghettizzati,
sosteneva la genialità di certi lavori di Zorn, compresa la sua capacità di
ricreare materiali attualissimi ma imbevuti di tradizione)... Gli anonimi
non contano... Credo, se non altro professionalmente, di frequentare
musicisti da mane a sera, e certi giudizi non li ho mai sentiti...
Post by sv
In altri ambienti, che in genere non sono solito frequentare, Zorn è
considerato molto, troppo a mio parere.
Questo lo trovo veritiero. A tutto beneficio degli ambienti in questione...
Post by sv
Ognuno ha i suoi codici di riferimento e può essere che i miei non siano
condivisi da alcuni così come lo siano molto da altri.
Fine tautologia... Roba da legge di Murphy...
Post by sv
Non ci vedo nessun problema.
Non si direbbe... Ridiamoci su...
Post by sv
Devo dire però che il tono inquisitorio disturba e non poco.
Detto da un aspirante inquisitore è veramente battutaccia vigliacca.


GMG

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Alessandro Antonucci
2006-05-03 09:35:17 UTC
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Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
Qualche nome, per favore (Ornette Coleman, a Milano, me ne ha parlato
benissimo, ad esempio, e di recente Ennio Morricone, che non è certo un
jazzista, ma a me piace pensare a "musicisti" non a dei ghettizzati,
sosteneva la genialità di certi lavori di Zorn, compresa la sua capacità di
ricreare materiali attualissimi ma imbevuti di tradizione)...
Premetto che, oltre a considerare Zorn un affascinante compositore/organizzatore
di suoni, credo che anche a livello strumentale abbia una sua originalita' ed
un'assoluta dignita'.

Detto cio', vorrei solo notare, senza alcun intento polemico, come i giudizi
di Coleman e Morricone siano, per ragioni differenti, abbastanza prevedibili
e non sorprendenti (come chiaramente non sorprendono le riserve di Veschi).

E non collego tanto la cosa al fatto che Zorn ha inciso dischi, pure significativi
in questo senso, come 'Spy vs. Spy' o 'The big Gundown', ma piuttosto a precise
affinita' (dovute non solo alle palesi influenze) fra certe caratteristiche del
linguaggio strumentale e del modo di concepire la composizione di Zorn da una lato
e Ornette e Morricone dall'altro.

In sostanza vorrei dire che si tratta di giudizi (in entrambi i sensi) meno ''pesanti''
di quanto potesse ad esempio essere l'entusiasmo di un John Lewis per Ornette, che
mi pare in qualche modo piu' significativo del tutto sommato prevedibile giudizio
favorevole di gente come Monk e Mingus e parimenti delle riserve di un Red Garland
o Dizzy.

Un saluto.

Alessandro
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-03 10:23:58 UTC
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On 2006-05-02, Gianni Morelenbaum Gualberto
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
Qualche nome, per favore (Ornette Coleman, a Milano, me ne ha parlato
benissimo, ad esempio, e di recente Ennio Morricone, che non è certo un
jazzista, ma a me piace pensare a "musicisti" non a dei ghettizzati,
sosteneva la genialità di certi lavori di Zorn, compresa la sua capacità di
ricreare materiali attualissimi ma imbevuti di tradizione)...
Premetto che, oltre a considerare Zorn un affascinante
compositore/organizzatore
di suoni, credo che anche a livello strumentale abbia una sua originalita' ed
un'assoluta dignita'.
Detto cio', vorrei solo notare, senza alcun intento polemico, come i giudizi
di Coleman e Morricone siano, per ragioni differenti, abbastanza prevedibili
e non sorprendenti (come chiaramente non sorprendono le riserve di Veschi).
E non collego tanto la cosa al fatto che Zorn ha inciso dischi, pure significativi
in questo senso, come 'Spy vs. Spy' o 'The big Gundown', ma piuttosto a precise
affinita' (dovute non solo alle palesi influenze) fra certe caratteristiche del
linguaggio strumentale e del modo di concepire la composizione di Zorn da una lato
e Ornette e Morricone dall'altro.
In sostanza vorrei dire che si tratta di giudizi (in entrambi i sensi) meno ''pesanti''
di quanto potesse ad esempio essere l'entusiasmo di un John Lewis per Ornette, che
mi pare in qualche modo piu' significativo del tutto sommato prevedibile giudizio
favorevole di gente come Monk e Mingus e parimenti delle riserve di un Red Garland
o Dizzy.
Un saluto.
Alessandro
L'obiezione è giusta. Però, al contrario di Veschi, sono portato o
"costretto" a frequentare musicisti costantemente, e di tutte le
estrazioni... Di rado, peraltro, un musicista serio si permette
"stroncature" del tipo rodomontesco che Veschi predilige: c'è una maggiore
serietà nella categoria... Forse fra i produttori discografici userà la
liquidazione sprezzante degli artisti (sebbene ne dubiti, almeno per ciò
che riguarda produttori seri, che hanno veramente inciso sulla storia del
jazz e non si masturbano con volgari autoproclami basati sul nulla), ma
fra i musicisti è rara e, comunque, espressa con concetti meno cialtroni.
Certamente, Zorn non è considerato un jazzista ortodosso, ma un
intellettuale che segue una via propria, in cui, comunque, il jazz
esercita un ruolo forte (che Zorn guardi a autori come Coleman, Braxton,
McLean, è cosa nota). Ma non solo, certo. Ché il jazz è forse poco per un
musicista di tale cultura e interessi... Per cui l'obiezione è
parzialmente giusta, direi. Mi chiedo, comunque, chi sono i "detrattori"
di cui si parla... Avranno certamente le loro ragioni: un motivo in più
per conoscerne i nomi... Le lettere anonime, in genere, hano poco da
dire...

GMG
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it
sandman
2006-05-03 18:30:52 UTC
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Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
L'obiezione è giusta. Però, al contrario di Veschi, sono portato o
"costretto" a frequentare musicisti costantemente, e di tutte le
estrazioni... Di rado, peraltro, un musicista serio si permette
"stroncature" del tipo rodomontesco che Veschi predilige: c'è una maggiore
serietà nella categoria... Forse fra i produttori discografici userà la
liquidazione sprezzante degli artisti (sebbene ne dubiti, almeno per ciò
che riguarda produttori seri, che hanno veramente inciso sulla storia del
jazz e non si masturbano con volgari autoproclami basati sul nulla), ma
fra i musicisti è rara e, comunque, espressa con concetti meno cialtroni.
Certamente, Zorn non è considerato un jazzista ortodosso, ma un
intellettuale che segue una via propria, in cui, comunque, il jazz
esercita un ruolo forte (che Zorn guardi a autori come Coleman, Braxton,
McLean, è cosa nota). Ma non solo, certo. Ché il jazz è forse poco per un
musicista di tale cultura e interessi... Per cui l'obiezione è
parzialmente giusta, direi. Mi chiedo, comunque, chi sono i "detrattori"
di cui si parla... Avranno certamente le loro ragioni: un motivo in più
per conoscerne i nomi... Le lettere anonime, in genere, hano poco da
dire...
L'unico cialtrone acclarato e rodomontesco qui sei tu che affermi tutto e il
contrario di tutto.
Veschi è una persona serissima che registra degli ottimi cd e si fa un culo
della madonna per mandare avanti la sua etichetta senza leccare il culo a
nessuno ed esprimendo apertamente le proprie convinzioni.
La Red è una delle migliori etichetrte in circolazione e tu dovresti solo
baciargli il culo.
La Red è un vanto del jazz in Italia e noi dovremmo esserne orgogliosi.
Secondo me ti rode il culo dover aver affermare che Veschi é un grande
produttore ed
è per questo, roso dall'invidiaq, fai di tutto per deigrarlo.
Sei uno squallido individuo. Molto fumo e poco arrosto.













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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-04 06:46:24 UTC
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Post by sandman
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
L'obiezione è giusta. Però, al contrario di Veschi, sono portato o
"costretto" a frequentare musicisti costantemente, e di tutte le
estrazioni... Di rado, peraltro, un musicista serio si permette
"stroncature" del tipo rodomontesco che Veschi predilige: c'è una maggiore
serietà nella categoria... Forse fra i produttori discografici userà la
liquidazione sprezzante degli artisti (sebbene ne dubiti, almeno per ciò
che riguarda produttori seri, che hanno veramente inciso sulla storia del
jazz e non si masturbano con volgari autoproclami basati sul nulla), ma
fra i musicisti è rara e, comunque, espressa con concetti meno cialtroni.
Certamente, Zorn non è considerato un jazzista ortodosso, ma un
intellettuale che segue una via propria, in cui, comunque, il jazz
esercita un ruolo forte (che Zorn guardi a autori come Coleman, Braxton,
McLean, è cosa nota). Ma non solo, certo. Ché il jazz è forse poco per un
musicista di tale cultura e interessi... Per cui l'obiezione è
parzialmente giusta, direi. Mi chiedo, comunque, chi sono i "detrattori"
di cui si parla... Avranno certamente le loro ragioni: un motivo in più
per conoscerne i nomi... Le lettere anonime, in genere, hano poco da
dire...
L'unico cialtrone acclarato e rodomontesco qui sei tu che affermi tutto e il
contrario di tutto.
Veschi è una persona serissima che registra degli ottimi cd e si fa un culo
della madonna per mandare avanti la sua etichetta senza leccare il culo a
nessuno ed esprimendo apertamente le proprie convinzioni.
La Red è una delle migliori etichetrte in circolazione e tu dovresti solo
baciargli il culo.
La Red è un vanto del jazz in Italia e noi dovremmo esserne orgogliosi.
Secondo me ti rode il culo dover aver affermare che Veschi é un grande
produttore ed
è per questo, roso dall'invidiaq, fai di tutto per deigrarlo.
Sei uno squallido individuo. Molto fumo e poco arrosto.
Ah sì, beh... insomma... boh... Un vanto.... baciamo le mani... anzi, il
culo... leccare.... denigrarlo... culo della madonna... Mangiato pesante,
eh?

GMG


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facchi
2006-05-03 10:15:03 UTC
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Post by dipa
Post by sv
Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn
quindi secondo lei e' praticamente impossibile che una persona che
ascolta "Sonny Clark, Hasaan, Julian Olivier Mazzariello, Tyner,
Cables, Edward Simon, Tardo Hammer, Marcello Tonolo, etc...." [cit.],
possa apprezzare anche Zorn?
E poi (cosi' per curiosita', 0 polemica), siccome lei si considera un
1) Serio rispetto a chi? Chi non e' serio?
2) Dove sono scritti i parametri per la serieta' dell'ascoltatore jazz?
3) Mi fa una lista nera di artisti che NON DEVO ascoltare? Sa, non
vorrei mai che qualcuno mi giudicasse non serio nei miei ascolti.
Grazie per le precisazioni.
--
dipa
Mi sa che anch'io non sono serio. Zorn lo ascolto e mi interessa molto.
L'unica cosa è che i suoi dischi li trovo sempre a prezzi altissimi, porca
miseria...
f.

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Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-02 15:20:24 UTC
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Post by sv
Anzi una certezza incontrovertibile.
Mah...
Post by sv
Questo è un dato di fatto incontrovertibile. Potrà non piacere ma é così.
Mah... A me pare soltanto un opinione, peraltro mal supportata da fatti
concreti che non siano dei calcoli estrapolati da un imbuto ristrettissimo.
Post by sv
Il caso di Zorn mi sembra diversoe lo considero un'eccezione. Credo che Zorn
abbia soggiornato in Giappone e il suo è un successo planetario che si
rivolge a fasce di pubblico che con il jazz in genere hanno ben poco a che
fare. Dubito che un jazz fans serio possa avere molto interesse per la
musica di Zorn che pesca in ambiti diversi: rock, pop e musica
contemporanea. In ogni caso è una moda che si inserisce nel revival, o
riscoperta, o rilancio delle musiche ebraiche in genere.
Non si dovrebbe neanche commentare, se non con una risatina. Si confonde un
fenomeno come il "klezmer revival" (che risale agli anni Sessanta e s'è
fermato intorno agli anni Ottanta) con un "rilancio delle musiche (?)
ebraiche in genere" (??????!!!!!!!), definizione un po' (tanto) generica e
che evidenzia una sconcertante mancanza di informazioni, uno iato culturale
sprezzante quanto preoccupante in chi s'atteggia a profeta del jazz già
venuto (ma che dovrà ancora venire a forza di cloni del Messia: Veschi deve
avere letto e riletto la vita di Z'vi Shabbatai). Pazienza. D'altronde, si
tratta di un produttore più preoccupato di promuovere i propri prodotti in
qualsiasi modo, anche a costo di falsare buona parte della storia del jazz,
prendendo il prossimo per fesso. Pazienza, c'è chi si diverte così,
spacciando i propri gusti per asserzioni di carattere para-psicologico
(direi paranormale), allo scopo, per l'appunto, di spacciare la propria
Vulgata per verità sacrosanta. Quanta più dignità e meno miseria culturale
nel dire, più semplicemente: "John Zorn non mi piace". Si tira fuori,
invece, l'improbabilità di una teoria artefatta, si ricorre a paralleli
spericolati (come se chi ama John Zorn non potesse, per chissà quale strano
limite mentale, amare Kenny Dorham o Booker Ervin: in realtà, il timore è
che cbi compra un cd in più di Zorn forse non comprerà anche un cd della Red
Records... Capisco questo capitalismo casalingo travestito da missione
umanitaria, ma che diamine, un po' di ritegno...), ci si esibisce in vere
arrampicate sugli specchi.
I bari possono essere entusiasmanti, possono esercitare una mirabile arte di
prestidigitazione, possono assurgere a vette teatrali appassionanti per
quanto vuote. Il fatto è che certi smerciatori di verità preconfezionate non
richiamano i fasti un po' pompieristici del Cirque du Soleil, ma lo spento
tavolino -all'angolo della strada, un capannello di allocchi e curiosi
irridenti- del gioco delle tre carte.

GMG

PS: Rock, pop e musica contemporanea sono filoni linguistici da cui il jazz
odierno trae ispirazione e viceversa, com'è sempre capitato. Per cui,
l'affermazione su Zorn sa di tautologia. Per il resto, Zorn è artista che
sicuramente è evaso dagli angusti confini del jazz ridotto a brutta copia
dello hard bop d'antan, e non è un caso che proprio a lui si debba uno fra i
più apprezzabili tributi a Sonny Clark. E' triste che si cerchi di ridurre
un artista di grande caratura a un fatto etnico (non fu un fake di Veschi a
sostenere che Zorn è un prodotto delle lobby ebraiche? Vorrei
sbagliarmi...), come se i fatti etnici non fossero fatti culturali (il che è
curioso da parte di uno strampalato individuo che in continuazione predica
la rivoluzione del jazz "latino": ma è chiaro che vi vede un riscatto da
parte di artisti che altrimenti sarebbero "latini" e basta), soprattutto in
un'epoca come la nostra. Artisti come Zorn (e molti altri di diversa
provenienza: ascoltavo poc'anzi "Divine Shadows" di Dhafer Youssef, un
lavoro di fascino impressionante) sono stati più ricettivi nei confronti di
ciò che la globalizzazione implicava nei suoi aspetti più positivi, la
possibilità, cioè, di revitalizzare una cultura occidentale stanca ed
esausta, centripeta persino in un linguaggio creativo come il jazz. Così
facendo sono certamente evasi dal jazz canonico , ma è al jazz che comunque
guardano come modello di rielaborazione linguistica a tutto tondo, pur
proponendo un qualcosa che si discosta dalla tradizione orale
africana-americana e i suoi derivati. Il "rilancio" delle musiche (?)
ebraiche ha poco o nulla a che fare con tutto ciò, essendo scontato, nella
tradizione culturale americana, che ogni artista si rivolga eminentemente,
come approvvigionamento, alla tradizione che gli è propria: pochi autori
sono stati "segnati" dall'esperienza ebraica come Benny Goodman, George
Gershwin, Stan Getz, ma non vedo come si potrebbe attribuire la loro fama a
un "rilancio" (???!!!!) delle musiche ebraiche... O si tratta pur sempre
della famigerata lobby ebraica che, pur presa dalla conquista del mondo, ha
tempo anche per incoraggiare la invereconda e visciun pollaio ricco solo di
recinti.da contaminazione del jazz e di altri attraverso la musica di Zorn,
di Uri Caine et similia? All'interno della cultura americana è forte la
componente degli "hyphenated Americans", degli americani col trattino, il
che vale per gli africani-americani come per molti altri gruppi etnici. E il
jazz s'è non poco avvalso di tale prerogativa, da Mezz Mezzrow e Joe Venuti
in poi... O debbo pensare che Vido Musso, Flip Phillips, Sam Butera, Joe
Lovano, Frank Tiberi, George Garzone sono emersi per il rilancio (?) delle
varie musiche italiane in genere?
Questo è ridurre il jazz a un pollaio, ricco solo di recinti.

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
sv
2006-05-02 15:55:12 UTC
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Questo è un copione già visto innumerevoli volte !!!!!
Conclusioni altamente prevedibile di una discusiione con chi è più
interessato ad insultare che a discutere e, in ogni caso, ad affermare con
l'insulto la propria supremazia.
A che pro poi ???
Zorn non mi piacee jazzisticamente lo trovo quanto meno insipido.
La musica ebraica la conosco poco e niente. e non ho molte motivazioni ad
approfondirla.
Qualcosa mi piace e altro mi annoia.

Potremmo concludere che il Giappone è la terra d'elezione delle musiche
d'avanguardia.
Che quei pochi giapponesi che comprano cd di jazz sono fasulli e si
sbagliano.

Ho conosciuto molti musicisti ebrei e molti ne abbiamo registrati. Non ho
mai avuto problemi. Tu devi essere proprio venuto male.

Compatisco. E non mi farò tirare nella solita tiritera ......

sv

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Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-02 16:09:20 UTC
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Post by sv
Questo è un copione già visto innumerevoli volte !!!!!
Conclusioni altamente prevedibile di una discusiione con chi è più
interessato ad insultare che a discutere e, in ogni caso, ad affermare con
l'insulto la propria supremazia.
Minchia, che noia...
Post by sv
La musica ebraica la conosco poco e niente. e non ho molte motivazioni ad
approfondirla.
Appunto, si vede. E allora di che diamine vai straparlando ed emettendo
giudizi su una materia di cui ti confessi ignorante?


"Quanti sciocchi mortali
con falsi canocchiali
credono di veder la verità,
e non sanno scoprir le falsità.
Quanti van scrutinando
quello che gli altri fanno,
e sé stessi conoscere non sanno."

"Il Mondo della Luna" (Haydn e Goldoni)

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
sv
2006-05-02 16:22:22 UTC
Permalink
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
"Quanti sciocchi mortali
con falsi canocchiali
credono di veder la verità,
e non sanno scoprir le falsità.
Quanti van scrutinando
quello che gli altri fanno,
e sé stessi conoscere non sanno."
"Il Mondo della Luna" (Haydn e Goldoni)
Ti si addice saltimbanco.
Tu ritieni d'essere più intelligente di tutti e invece sei
solo un povero pirla ammesso a corte.

sv

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Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-02 19:08:21 UTC
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Post by sv
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
"Quanti sciocchi mortali
con falsi canocchiali
credono di veder la verità,
e non sanno scoprir le falsità.
Quanti van scrutinando
quello che gli altri fanno,
e sé stessi conoscere non sanno."
"Il Mondo della Luna" (Haydn e Goldoni)
Ti si addice saltimbanco.
Tu ritieni d'essere più intelligente di tutti e invece sei
solo un povero pirla ammesso a corte.
YAWN...
Energumeni come te, invece, a corte non li vogliono, solo in quelle di
giustizia o nelle coorti.
Smack,

GMG
Post by sv
sv
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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
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Sigfrid Roland Kieslowski
2006-05-03 06:39:50 UTC
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Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
dire, più semplicemente: "John Zorn non mi piace".
Sono estremamente d'accordo.
Questo approccio, che suona così bene con Zorn, andrebbe esteso in maniera
assiomatica, esercitato come una preghiera del mattino e applicato persino a
soggetti di spessore inverecondo come quello su cui si sono giusto ieri
affannate le risate degli adolescenti.
Uno spettacolo ben peggiore di quello che si criticava.
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-03 08:26:00 UTC
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Post by Sigfrid Roland Kieslowski
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
dire, più semplicemente: "John Zorn non mi piace".
Sono estremamente d'accordo.
Questo approccio, che suona così bene con Zorn, andrebbe esteso in maniera
assiomatica, esercitato come una preghiera del mattino e applicato persino a
soggetti di spessore inverecondo come quello su cui si sono giusto ieri
affannate le risate degli adolescenti.
Uno spettacolo ben peggiore di quello che si criticava.
Credo sia ben lecito criticare ciò che si reputa opportuno criticare
(andando perciò oltre l'approccio basato sul "non mi piace", "non mi
interessa, "non lo capisco"). Purché si voglia motivare seriamente.
Basandosi su parametri pertinenti. Non ha senso, è semplicemente cretino,
criticare Keith Jarrett basandosi su Sonny Clark, è lecito ancorarsi ad un
unico linguaggio (anche se in larga parte esaurito, almeno in certe sue
componenti), è stupido invece un arroccamento che rifiuta l'esistente.
Possiamo anche supporre che Dick Oatts sia musicista di straordinarie doti
(in effetti, lo è), ma non è detto che il suo approccio corrisponda alle
dinamiche culturali contemporanee o alle necessità di tutti. Zorn, ad
esempio, è musicista che sicuramente esplica un senso della modernità più
attuale, per quanto non espresso attraverso il virtuosismo che spesso è
costretto a fare i conti con un vocabolario in esaurimento (e Oatts, tanto
per continuare nello stesso esempio, li sa fare in modo magistrale): si
tratta di concezioni diverse, che pure partono da presupposti culturali in
parte comuni. Ridurre un linguaggio dinamico per antonomasia a un ghetto
in cui ci si comporta come membri di una massoneria in agonia è, per me,
cosa estremamente stupida. Peraltro, non vedo perché chi ama John Zorn non
possa amare Sonny Clark e viceversa... Ma è estremamente lecito criticare
ambedue gli approcci, se si vuole. Ma con criterio. In realtà, invece, si
vede solo un arroccamento solitario che dispreza tutto ciò che non gli è
affine. Lecito anche questo, ma riduce la discussione a una povertà
sconcertante.
Il jazz, insomma, viene ridotto a un frammento di hard bop da cui è
bandità la diversità, l'alterità: curioso risultato per un linguaggio che
dell'assimilazione dell'alterità ha fatto una filosofia di vita e di
estetica.

GMG
--
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
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sv
2006-05-03 10:22:06 UTC
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Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
criticare Keith Jarrett basandosi su Sonny Clark, è lecito ancorarsi ad un
unico linguaggio (anche se in larga parte esaurito, almeno in certe sue
componenti), è stupido invece un arroccamento che rifiuta l'esistente.
Mi sembra di aver affermato che Jarrett, che si ripete e mi sembra aver
ormai fatto il suo tempo,è un grande pianista e che
il maggior apprezzamento per Sonny Clark è sia di carattere musicale ed
estetico deriva ma anche da una prefernza di status che è di carattere
extramusicale.
Cioé si preferisce un "maudits" ad un milionario.
Si può discuture ma è un parametro che ha una sua logica dal punto di vista
delle preferenze personali.
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
Possiamo anche supporre che Dick Oatts sia musicista di straordinarie doti
(in effetti, lo è), ma non è detto che il suo approccio corrisponda alle
dinamiche culturali contemporanee o alle necessità di tutti. Zorn, ad
esempio, è musicista che sicuramente esplica un senso della modernità più
attuale, per quanto non espresso attraverso il virtuosismo che spesso è
costretto a fare i conti con un vocabolario in esaurimento (e Oatts, tanto
A me non sembra affatto che il vocabolario del Mainstream Jazz sia in
esaurimento anche perchè ingloba ismi diversi e di diversa provenienza.
Zorn padroneggia male o in modo tutto sommato scolastico il vocabolario e
cerca di arricchirlo con istanze che a me non appaiono affatto più moderne
ma "esotiche". Insomma si "progetta" per mascherare l'icapacità a competere
sul territorio dell'abilità strumentale e musicale.
Infatti chi lo apprezza spesso conosce bene Zorn e forse Ornette ma non
altrettanto bene Cannonball, Franks Strozier, Sonny Stitt, McLean, Woods,
Watson, etc...
Post by Gianni Morelenbaum Gualberto
Il jazz, insomma, viene ridotto a un frammento di hard bop da cui è
bandità la diversità, l'alterità: curioso risultato per un linguaggio che
dell'assimilazione dell'alterità ha fatto una filosofia di vita e di
estetica.
Definire Hard Bop e basta quello che si suona oggi nel mondo del jazz è una
pura banalità oltrechè una falsità. Nel jazz di oggi coesistano e si
integrano bop, hard bop, modalità, soul, free, latino, Europa ,Sud america e
quant'altro.
Per convenzione si riassume tutto questo nel concetto di Maistream Jazz.
Nel nostro catalogo e in quello di molte altre etichette ci sono numerosi
esempi di ciò.
La matrice è comune ma le declinazioni sono diversissime fra loro.
Si continua a cercare la rivoluzione laddove invece c'è e può esserci solo
una evoluzione.
Mani Padme Trio, o South of the world, o Why Not ?? Thre way conversation o
David Binney, Edward Simon, Mboom Re Percussion, Salvatore Bonafede, Franco
D'Andrea etc. non possono essere definiti in alcun modo Hard Bop, anche se
c'è il richiamo a diverse esperienze e stilemi che hanno fatto la storia del
jazz mopderno e non solo, a meno d 'essere scemi o in pesante e costante
malafede.

sv

p.s: ultimo post perchè da oggi sono a Torino per una settimana


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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
Gianni Morelenbaum Gualberto
2006-05-04 07:33:08 UTC
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Post by sv
Cioé si preferisce un "maudits" ad un milionario.
Un fine ragionamento di archeologico ideologismo. Il "maudit", insomma, deve
rimanere tale, perché se diventa miliardario non solo non è più un "maudit",
ma costa pure (i produttori discografici di certo stampo hanno sempre
vissuto sui e grazie ai "maudit"). Per cui è importante che un artista
continui a "soffrire", perché solo così sforna arte a basso costo... Non a
caso, la "bohème" è un concetto che a borghesi e mercanti d'arte è sempre
piaciuto tanto...
Post by sv
A me non sembra affatto che il vocabolario del Mainstream Jazz sia in
esaurimento anche perchè ingloba ismi diversi e di diversa provenienza.
Zorn padroneggia male o in modo tutto sommato scolastico il vocabolario e
cerca di arricchirlo con istanze che a me non appaiono affatto più moderne
ma "esotiche". Insomma si "progetta" per mascherare l'icapacità a competere
sul territorio dell'abilità strumentale e musicale.
Infatti chi lo apprezza spesso conosce bene Zorn e forse Ornette ma non
altrettanto bene Cannonball, Franks Strozier, Sonny Stitt, McLean, Woods,
Watson, etc...
Certe affermazioni sono risibili e non meriterebbero grandi commenti. Chissà
se Veschi ricorda, fra un "maudit" da spremere e un altro, che certi
"esotismi" fanno parte del jazz dai tempi di "Oriental Strut"... Fin da
quando l'illuminato Giovanni Bonandrini (ripeto, l'unico produttore italiano
a creare qualcosa di originale e non scopiazzato da illetterati) fece
incidere a Zorn un tributo a Sonny Clark, ma anche da prima, è stato
evidente che lo stesso Zorn tutto aveva fuorché un approccio scolastico.
Certo, non è artista interessato a un vocabolario in esaurimento e non è
interessato a ripetere pedissequamente formulette linguistiche con approccio
da virtuoso (non a caso i virtuosi spuntano quando non v'è più nulla di
originale da dire): per questo va oltre i residuati di un hard bop stanco (e
l'hard bop non è il mainstream...) e rivissuto nella fatica di esprimere ciò
che è già stato espresso, e meglio, in passato. Trovo legittimo che
determinati artisti si rivolgano al jazz per realizzare qualcosa che va
oltre i suoi limiti, non vedo il problema... A meno che non si consideri la
musica un'entità statica che vive di "classicità". Zorn è uno fra i tanti
che hanno scelto di progredire in diverse direzioni: la sua estetica è
complessa, non appartiene certamente al "mainstream" e si alimenta di
materiali tutt'altro che "esotici" (delizioso questo termine, che come ben
si sa è stato utilizzato in modo ghettizzante nei confronti di molti
pensatori troppo originali per essere compresi dai reazionari). Parlare di
Cannonball Adderley, di Strozier o di qualche artista un tempo inciso dalla
Red Records (quando alla Red Records vi erano suggeritori di vaglia) non ha
un senso in un ambito così diverso... E, comunque, Coleman è artista dalle
radici profondissime, certamente non estraneo a quelle citate, e lo stesso
vale per gli artisti che a lui guardano come esempio...
Post by sv
Definire Hard Bop e basta quello che si suona oggi nel mondo del jazz è una
pura banalità oltrechè una falsità. Nel jazz di oggi coesistano e si
integrano bop, hard bop, modalità, soul, free, latino, Europa ,Sud america e
quant'altro.
Per convenzione si riassume tutto questo nel concetto di Maistream Jazz.
Il mainstream si aggiorna costantemente, ma si arricchisce di quelle
esperienze che qualcuno definisce "esotiche"... In loro assenza l'attuale
mainstream si limita o si limiterebbe alla rielaborazione di un linguaggio
post-boppistico che è stato criticato per certe sue limitazioni dagli stessi
"maitre à penser" (mi scuso per l'assenza del circonflesso, ma non lo so
mettere) africani-americani dell'epoca e posteriori. Sono state proprio le
esperienze definite asininamente "esotiche" che hanno sostenuto, alimentato,
aggiornato quello che oggi si definisce "mainstream". Di esse poi
approfittano i virtuosi che rileggono all'insegna del passato. Questo è o
dovrebbe essere il "mainstream", che si regge sulle acquisizioni di quei
musicisti che sembrano essere lontani da esso, che ne estendono i confini.
Nell'epoca della "globalizzazione" è naturale che le esperienze "esotiche"
(o si vorrebbe negare a determinati soggetti di elaborare secondo il loro
codice culturale etnico? Per il jazz sarebbe un controsenso) si impongano,
ed è giusto che il jazz le assimili o ne tragga insegnamento, per non
rimanere in una routine estetica che può piacere, certo, ma che è incapace
di mutare.
Post by sv
Nel nostro catalogo e in quello di molte altre etichette ci sono numerosi
esempi di ciò.
La matrice è comune ma le declinazioni sono diversissime fra loro.
Si continua a cercare la rivoluzione laddove invece c'è e può esserci solo
una evoluzione.
Mani Padme Trio, o South of the world, o Why Not ?? Thre way conversation o
David Binney, Edward Simon, Mboom Re Percussion, Salvatore Bonafede, Franco
D'Andrea etc. non possono essere definiti in alcun modo Hard Bop, anche se
c'è il richiamo a diverse esperienze e stilemi che hanno fatto la storia del
jazz mopderno e non solo, a meno d 'essere scemi o in pesante e costante
malafede.
Può darsi che io sia scemo e in malafede nel mio astio verso chi fa sempre e
solo commercio, però certi pistolotti auto-incensatorii mi paiono
manifestazioni non più di commercialismo paranoide, ma di delirio di
onnipotenza da patetica solitudine. Non capisco cosa c'entri la Red Records
e l'elencazione del suo catalogo (fatto salvo M'Boom Re) in un contesto del
genere. Mi pare forzato, pleonastico... Non si può utilizzare ogni possibile
tribuna per parlare e promuovere i propri affari , per quanto questo sia un
NG e i dischi di jazz siano più nobile del "queso manchego". Sbaglierò
certamente, ma...

GMG




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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/
facchi
2006-05-04 08:22:43 UTC
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Post by sv
Mi sembra di aver affermato che Jarrett, che si ripete e mi sembra aver
ormai fatto il suo tempo,è un grande pianista
Probabilmente e' vero, ma mi sfugge perché, con un tal criterio, la stessa
cosa non si possa dire di un Tyner, tanto per citare un esempio relativo a
uno dei tuoi prediletti, che per quel che mi riguarda è pianista che ha
fatto il suo tempo da almeno un paio di decenni prima del Jarrett attuale.
Il che può anche significare un bel nulla circa la loro valenza storica e
circa la qualità anche attuale della loro musica (al più si può dibattere
circa la reale creatrività della stessa, ma è un altro discorso) che
comunque rimane elevata.
Se la mettiamo su un tale piano, ossia quello della creatività e
dell'innovazione musicale certamente bisognerebbe parlare d'altro e di altri
rispetto a costoro e forse sarebbe anche il caso finalmente di farlo, per
quanto non tutto ciò che è nuovo è sinonimo di migliore musicalmente
parlando.

Il fatto è che bisognerebbe accettare che certi musicisti fanno ormai parte
di una sorta di classicità, la quale non è una parolaccia o un insulto, e
che si muovono in essa da tempo, ognuno nell'ambito della propria estetica
di riferimento. E' una "scelta" che quasi tutti i jazzisti o gli
improvvisatori con l'età tendono a fare.
Invece il tuo problema è sempre quello di confrontare mele con pere, angurie
con meloni e via discorrendo, con argomenti tesi a sostenere quanto un
"gusto" (il tuo, naturalmente) sia migliore di un altro, mentre invece si
tratta solo di cose semplicemente "diverse", a volte completamente tra di
loro, con una valenza musicale ed artistica comunque poco discutibile
soprattutto ad un confronto diretto abbastanza improponibile.
A mio avviso è dunque l'impostazione del tuo modo di ragionare ad essere
errata, non tanto la logica che nel merito dei temi proponi.
Post by sv
il maggior apprezzamento per Sonny Clark è sia di carattere musicale ed
estetico deriva ma anche da una prefernza di status che è di carattere
extramusicale.
Cioé si preferisce un "maudits" ad un milionario.
Si può discuture ma è un parametro che ha una sua logica dal punto di vista
delle preferenze personali.
A mio avviso è un parametro di giudizio artisticamente e musicalmente
inaccettabile ai fini di una critica seria. Le due cose possono, ma anche
non possono, essere in relazione. Dipende dai casi. Non sempre chi riscuote
un successo, specie se duraturo nei decenni, ha valenza artistica minore,
anzi e viceversa.
Post by sv
Zorn padroneggia male o in modo tutto sommato scolastico il vocabolario e
cerca di arricchirlo con istanze che a me non appaiono affatto più moderne
ma "esotiche". Insomma si "progetta" per mascherare l'icapacità a competere
sul territorio dell'abilità strumentale e musicale.
Un ragionamento simile lo facesti anche con Ornette Coleman e lo fai con
Jarrett quando lo paragoni a Barron o come adesso con Sonny Clark.
Se tutto si fa risalire ad un metro relativo ad un mondo musicale
bopcentrico, allora il tuo ragionamento può anche apparire logico, ma è
comunque a mio avviso errato, in quanto nel valutare ciò che si ascolta,
specie quando contiene istanze innovative (o pretese tali) prima viene la
musica proposta e le intenzioni musicali del musicista che le espone, POI,
eventualmente si può tentare, sulla base dei referenti mostrati, un corretto
inquadramento di ciò che si ascolta.
Invece nel tuo caso prima viene l'inquadramento, il riferimento assoluto per
tutti, e poi ne consegue il giudizio, che alla fine a mio avviso non può che
essere inficiato da un inevitabile pregiudizio, a quel punto.
Post by sv
Infatti chi lo apprezza spesso conosce bene Zorn e forse Ornette ma non
altrettanto bene Cannonball, Franks Strozier, Sonny Stitt, McLean, Woods,
Watson, etc...
Non generalizzerei. Per molti di noi che qui sopra discutiamo vi è la
conoscenza di tutti questi, ma anche la capacità di collocarli nel giusto
contesto. Poi i gusti per carità possono alla fine essere o rimanere
differenti e differenziati tra loro, ma è un altro discorso.

saluti
f.

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Inviato via http://arianna.libero.it/usenet/

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